venerdì 29 maggio 2015

il matrimonio dei miei genitori


IL MATRIMONIO DEI MIEI GENITORI

Scritto per un corso unitre (non il mio)

         Credo sia stato un matrimonio sereno, per quanto i tempi potevano permetterlo.   C’è stata di mezzo una guerra e qualche cambiamento politico non da poco che sicuramente hanno condizionato lo scorrere di queste vite.

          Era il millenovecento ventisette quando si sono conosciuti.  I particolari li ho sempre sentiti da mia madre che amava ripetere di essersi innamorata di mio padre, la prima volta che lo aveva incontrato ad una festa patronale del paese di mio padre.

          Mia madre, instancabile lettrice di libri e tra questi aveva letto tutti i libri di Carolina Invernizio, con il suo romanticismo e la sua forte personalità progressista, per quei tempi e quei posti, decise che l’avrebbe sposato.

          In qualche modo glie lo fece capire ma anche mio padre non era rimasto insensibile al fascino di quella ragazza diciottenne, intraprendente, alta, bruna e dagli occhi chiari.

          La storia degli occhi merita un accenno particolare. A mia madre non piacevano i suoi occhi da gatto (così diceva lei) ma le piacevano gli occhi scuri di papà e ogni volta che aspettava uno di noi, pregava Dio di farli nascere con gli occhi di papà.  Il suo desiderio fu sempre esaudito visto che noi quattro figli abbiamo tutti gli occhi scuri.  Forse noi donne avremmo preferito i suoi.

           Papà partì per la guerra e rimase in pericolo (Croazia) fino a che questa terminò e il ritorno a casa avvenne, dopo il famoso armistizio, camminando a piedi da Lubiana fino in Abruzzo al confine con il Molise dove insieme affrontammo le difficoltà del primo scontro tra tedeschi e alleati che vide come scenario proprio il fiume Trigno che divide le due regioni (allora unite).

            Fino al ritorno di papà mia madre ci faceva pregare, tutti i giorni, vicino ad una immagine di S. Antonio da Padova. Allora eravamo tre figli poiché l’ultima sorellina nacque dopo la guerra.

            ALTRA DOMANDA POSTA DAL DOCENTE ERA :  Cosa vi dava fastidio di questa unione, ed ecco cosa ha preceduto ogni altro ricordo.

            Cosa mi dava fastidio?  :  Il fatto che mia madre dovesse sempre giustificare il perché dei nostri vestitini nuovi il che ci procurava molta apprensione ogni volta che scendevamo le scale con una mise ancora non vista da lui, sapendo che si sarebbe arrabbiato come prima reazione.

             Poi il tutto passava, anzi si compiaceva di portarci con lui sempre così ordinati e adeguati alle varie occasioni.

             Però anche lui ha sempre conservato il gusto del buon vestire fino alla sua morte avvenuta non molti anni addietro. (a me sembrano pochi ma in realtà cominciano ad essere tanti)

             Mia madre invece ci lasciò troppo presto!

                                                             Maria Mastrocola Dulbecco

martedì 26 maggio 2015

Gaetano Barbella


Gaetano Barbella, un grande amico del Web mi ha scritto:

 Ho letto la tua poesia “Preghiera”.

Hai resa tua preghiera di una eccezionale efficacia per lo scopo cui la preponi. É una preghiera speciale capace di vincere qualsiasi ostacolo terreno e sai perché? Non ha attriti, scorre come sull'olio. Non ha ali ma è come se le avesse potendo farsi gioco della forza di gravità. Ogni tua parola scivola via ed è veramente “inafferrabile” come tu dici. L'inerzia nel tuo pregare è un pianeta della creazione per te, degno sgabello del trono di Dio.             

  PREGHIERA
La mia preghiera
è fatta
di parole mute
di candele accese
di sguardi imploranti.
Le mie mani vuote
le mie labbra chiuse
la mia nullità
è tutta racchiusa
nel desiderio
di una serenità
che non mi appartiene
ma che desidero
con tutto il mio esistere.
Aspetto inerte
passiva e consapevole
che è qualcosa
di inafferrabile
così come lo è
la certezza

                    Maria Mastrocola Dulbecco

 

venerdì 15 maggio 2015

MONTEODORISIO



Ciao Fernando, continuo con i ricordi.  Guarda tu, forse per la lunghezza questo raccontino potrebbe interessare anche Molino… giudica tu  e…grazie:

 

 

                                         MONTEODORISIO

                                     Io so di aver avuto una nonna speciale.

             Era nata il 21/7/1886  a Monteodorisio (Ch) quindi all'alba del novecento aveva già 14 anni e mi affascinava sentirla raccontare come si svolgeva la sua vita in quel particolare momento.

 Mi raccontava del suo vivere da ragazza di buona famiglia che si doveva attenere a certe regole.

Aveva tre fratelli ed era la più piccola nella famiglia  oltre tutto la sola figlia femmina.

       Mi raccontava la sua vita di fanciulla in quel suo piccolo paese aristocratico, arroccato su una collina . Dal castello di Maria Giovanna si scorgeva,  sinuoso,  il Sinello e sotto, il dirupo, che era fonte di preoccupazioni e pericolo di frane.

Unica femmina di quattro figli. I suoi fratelli la proteggevano,  Nicola, Riccardo e Enrico, io li ho conosciuti tutti e tre come pure i loro figli.

Mi raccontava  della sua zia "monaca" che provvedeva alla sua educazione, ai vestiti che faceva arrivare da Napoli (si era ancora alla dominazione borbonica) alle abitudini del tempo e tante altre storie molto interessanti. Aveva una donna che provvedeva a pettinarla a casa con il “rollo” formato dai capelli e da un rotolo dove venivano avvolti e di questo avevo una splendida foto dell’epoca con un vestito speciale.  Cercherò di recuperare la foto.

La zia monaca era tornata a Monteodorisio  da un convento napoletano dal quale le monache erano state cacciate perché era stato requisito dai Borboni i quali avevano rimandato le suore ai loro paesi d’origine con un vitalizio governativo
Naturalmente  la zia monaca aveva mantenuto i contatti con Napoli così che faceva vestire le nipoti dai sarti di quella città.

 Mi raccontava del suo fidanzamento con nonno Cesare.

.  A quanto ricordo nonna Caterina mi ha raccontava che il loro matrimonio avvenne per uno sparo. Precisamente, come usava a quei tempi, la richiesta era stata fatta ai genitori e ai fratelli che non vedevano di buon occhio che dovesse trasferirsi in un altro paese, Cupello, forse a due chilometri di distanza e così avversarono la richiesta di questo innamorato.

 L'innamorato respinto escogitò un sistema per non farsi dire: no.

     Nonna Caterina sostava spesso ,  forse a ricamare, vicino alla finestra che dava verso il Sinello, sicuramente si affacciava ad essa per ammirare il panorama e a fantasticare. Una sera mentre all'imbrunire era in questa piacevole occupazione, il giovane Cesare passò sotto quella finestra e con il suo fucile da cacciatore sparò verso o a fianco di quella finestra così da compromettere la fanciulla come a segnare un possesso: questa ragazza deve essere mia. Tutto il paese , in breve, fu al corrente della cosa e quindi  compromessa. Inevitabile da parte della famiglia accettare il fidanzamento in casa e permettere che questa adorata sorella cambiasse paese.

        Cominciarono i preparativi e naturalmente fecero la conoscenza con la famiglia di lui. Avvenne così che i matrimoni diventarono due poiché Nicola uno dei fratelli di nonna si innamorò di Domenica , sorella di Cesare, e così si fidanzarono anche loro.

I preparativi furono all’altezza delle due famiglie.

Quella di mia nonna più signorile, come allora erano  considerati gli abitanti di Monteodorisio e più contadini gli abitanti di Cupello.

Per preparare la dote ci si recava a fare acquisti a Vasto  ma per arrivarvi  bisognava passare per il paese dello sposo e la sposa non doveva vedere il paese prima del matrimonio. Per evitare questo, nell’attraversare Cupello  venivano tirate giù le tendine dei finestrini della carrozza in modo che la sposa non potesse vedere il paese e  ne poteva essere vista dai suoi abitanti.

Come tradizione si cercava di non dividere le proprietà terriere che spettavano ai figli maschi così che la dote data alla figlia femmina consisteva in danaro e biancheria. Se ricordo bene la nonna mi parlava di quattromila ducati, (Non ho idea di quanto possa essere attualmente quantificati)

Il matrimonio avvenne  e la nonna si trasferì a Cupello dove la chiamavano la signora e le cognate nubili si facevano consigliare da lei per i vestiti e la pettinatura.

Mi raccontava del suo integrarsi nella nuova famiglia e dei personaggi singolari della stessa.

       Mi incantavo ad ascoltare le sue storie. Peccato  non  disporre, allora, di un registratore  che non esisteva ed ora i miei ricordi sono frammentari. Mi dispiace molto non ricordare tutto.

      Io la ricordo sempre vecchia eppure quando sono nata io, lei aveva solo 48 anni! Lei dopo la morte del marito avvenuta in America nel 1918, (ho una foto della  tomba di nonno Cesare a Rochester e so che esiste ancora, i parenti me lo hanno inviato dieci anni addietro)  aveva indossato un vestito nero e legato un fazzoletto, sempre nero, in testa. Lo toglieva solo per pettinarsi ma lei nei mie ricordi è rimasta sempre uguale fino ai suoi 75 anni e quando è mancata io ero già a Torino.

Era il giorno della Befana ed ho fatto il viaggio in treno sperando di trovarla ancora viva.

                                                                           Maria Mastrocola Dulbecco